martedì 23 febbraio 2016

ed - News Letter n.6/2016



                                                  "Libera banda": un'esperienza di musicoterapia


Oggi parliamo di un importante approccio terapeutico-riabilitativo (di tipo “non farmacologico”) che può essere usato positivamente nei riguardi di persone affette da demenza: la musicoterapia. Si tratta di una disciplina relativamente recente, che si fonda sul presupposto teorico secondo cui la musica – date le sue intrinseche caratteristiche – può costituire una via di elezione per il paziente, offrendogli la possibilità di espressione-esternazione e permettendo così di entrare in relazione con il suo stato emotivo e affettivo profondo. L’utilizzo della musicoterapia, infatti, sembra realizzare un beneficio a vario livello per i pazienti affetti da demenza, proprio grazie alla stimolazione sensoriale globale e alla riattivazione socio-relazionale della persona che riesce a mettere in atto. In altre parole... continua




Nell'articolo di oggi trovate descritto un progetto di musicoterapia di cui si parlerà anche al Meeting delle Professioni di Cura in un workshop a cura dell'ente Opera Pia "A. E. Cerino Zegna" di Occhieppo Inferiore (BI). Puoi iscriverti al Workshop B-04 attività formativa ludico-creativa - Libera banda. "Musica nel vento" [h. 14-17.30]


Cogliamo l'occasione per ringraziare alcuni importanti partner del Meeting delle Professioni di Cura, che come noi credono nell'importanza del dialogo e del confronto tra buone prassi per costruire insieme un mondo sociosanitario più ricco, più aperto, più umano:


   






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"Libera banda": un'esperienza di musicoterapia

Oggi parliamo di un importante approccio terapeutico-riabilitativo (di tipo “non farmacologico”) che può essere usato positivamente nei riguardi di persone affette da demenza: la musicoterapia. Si tratta di una disciplina relativamente recente, che si fonda sul presupposto teorico secondo cui la musica – date le sue intrinseche caratteristiche – può costituire una via di elezione per il paziente, offrendogli la possibilità di espressione-esternazione e permettendo così di entrare in relazione con il suo stato emotivo e affettivo profondo. L’utilizzo della musicoterapia, infatti, sembra realizzare un beneficio a vario livello per i pazienti affetti da demenza, proprio grazie alla stimolazione sensoriale globale e alla riattivazione socio-relazionale della persona che riesce a mettere in atto. In altre parole, questa particolare forma di arteterapia basata sulla musica può creare contesti positivi per le persone, che possono così sentirsi più in sintonia con l’ambiente intorno a loro, più libere di esprimere le proprie emozioni e più desiderose di valorizzare le proprie risorse interiori. Il suono stimola in senso positivo l’umore dei malati (favorendo la loro percezione del benessere) e ha un’azione benefica anche rispetto alla memoria, dal momento che può contribuire a tener viva la plasticità neuronale e, quindi, a mantenere le funzioni cognitive stesse.
A partire da questi presupposti teorici è nata un’esperienza concreta di musicoterapia, che è stata realizzata presso l’Opera Pia “A. E. Cerino Zegna” di Occhieppo Inferiore (BI), grazie al contributo del musicoterapeuta Ernesto De Martino e dell’animatore sociale Enrico Maron Pot. Il musicoterapeuta, supportato dall’animatore, ha tenuto sessioni di musicoterapia con alcuni anziani non autosufficienti residenti al Cerino Zegna, utilizzando vari strumenti messi a loro disposizione. Va detto che uno dei modelli congeniali al lavoro di Ernesto De Martino con queste persone è stato quello di Juliette Alvin (violoncellista inglese), ovvero la terapia della libera improvvisazione (che non richiede alcuna competenza musi
cale e che non implica una valutazione secondo criteri musicali). A ogni anziano coinvolto, infatti, è stato permesso qualsiasi suono, silenzio o ritmo, senza essere “guidato” dal terapeuta; ognuna delle loro produzioni libere è semplicemente stata accettata. Alcuni di questi incontri di musicoterapia sono stati inoltre registrati e composti in tracce sonore, che sono state fatte ascoltare in un secondo momento ad altri anziani residenti durante alcune sedute di psicomotricità. La psicomotricista Nicoletta Bocca ha infatti portato nella “stanza bianca” gli anziani residenti al “Nucleo Alzheimer Mars” del Cerino Zegna e ha fatto ascoltare loro questa musica, stimolando così la loro fantasia che si è espressa in alcuni disegni. Questo “vento musicale” ha infatti suscitato ricordi, emozioni e suggestioni che hanno poi trovato corpo sul foglio bianco. Tutto il materiale – disegni e musica – è stato raccolto in un compact disc, dove si può ascoltare e vedere con gli occhi degli anziani quanto vissuto in quei momenti.
Attraverso questo progetto, che ha preso nome di “libera banda”, gli operatori hanno potuto concretizzare un’idea importante a loro molto cara. ovvero, l’idea secondo cui dentro ognuno di noi esiste un mondo che attende solo l’occasione giusta per uscire e stupire, a qualsiasi età. Grazie al progetto “libera banda” è stato valorizzato e onorato l’impegno degli anziani residenti al Cerino Zegna e si è potuto dimostrare che – in aggiunta alle competenze tecniche – empatia, creatività e passione sono ingredienti fondamentali affinché sia raggiunto il benessere dalle persone di cui ci prendiamo cura.

“Libera banda” al Meeting delle Professioni di Cura

Il 20 Aprile 2016, al Meeting delle Professioni di Cura, verrà realizzato il workshop B-04 attività formativa ludico-creativa – Libera banda. “Musica nel vento”. [h. 14-17,30]
Durante il workshop, Enrico Maron Pot (musicoterapeuta) e Nicoletta Bocca (psicomotricista) riproporranno ai partecipanti il percorso di musicoterapia ed espressione grafica attraverso laboratori esperienziali, con integrazione teorica di quanto emerso, in modo che ognuno possa rivivere e comprendere appieno il progetto.
Si raccomanda puntualità e si consigliano abiti comodi!!!

Ringraziamo l’Opera Pia “A. E. Cerino Zegna” di Occhieppo Inferiore (BI) per l’importante contributo che darà al Meeting delle Professioni di Cura.
Per iscriverti a questo workshop vai al sito www.editricedapero.it (sezione “Meeting"). 



martedì 16 febbraio 2016

ed - News Letter n.5/2016

Il Sente-Mente Project e le sue straordinarie possibilità

Là dentro, in un punto remoto e ormai inaccessibile, c'è ancora lei: la nonna; è ancora lì, da qualche parte. Un nocciolino piccolo piccolo, perso in una grande pesca di nebbia che si frappone fra lei e noi, fra me e lei. Magari è una bugia di comodo, ma comunque vale la pena di non rinunciare a cercare di custodire e amare il nocciolino remoto che questi malati là, oltre la nuvola, ancora racchiudono

Queste le parole di un familiare di una persona affetta da demenza, che con semplicità e coraggio ci invita a riconoscere che tra le pieghe della malattia si nasconde ancora vita... (continua)



... Il Sente-mente Project verrà presentato al Meeting delle Professioni di Cura, il 21 Aprile 2016.
Iscriviti al workshop D-01 "De-mente? No! Sente-mente: un approccio per creare qualità di vita nelle persone che con-vivono con la demenza", se vuoi conoscere questo importante progetto di portata nazionale, di cui è ideatrice e coordinatrice Letizia Espanoli (consulente e formatrice).
Sarà una meravigliosa opportunità per tutti i professionisti del settore sociosanitario!
Per saperne di più vai al sito 


Ti aspettiamo al Meeting delle Professioni di Cura!
Il costo di una giornata è di soli €25 ed è anche possibile scegliere l'offerta "prendi 5, paghi 4!"
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Il Sente-Mente Project® e le sue straordinarie possibilità

Là dentro, in un punto remoto e ormai inaccessibile, c'è ancora lei: la nonna; è ancora lì, da qualche parte. Un nocciolino piccolo piccolo, perso in una grande pesca di nebbia che si frappone fra lei e noi, fra me e lei. Magari è una bugia di comodo, ma comunque vale la pena di non rinunciare a cercare di custodire e amare il nocciolino remoto che questi malati là, oltre la nuvola, ancora racchiudono

Queste le parole di un familiare di una persona affetta da demenza, che con semplicità e coraggio ci invita a riconoscere che tra le pieghe della malattia si nasconde ancora vita. “Là dentro, c’è ancora lei”, dice: il nocciolo vitale della persona non si è spento, ma deve anzi essere rispettato e custodito da chiunque voglia realmente prendersi cura di lei.
Ma assistere e stare accanto a una persona che convive con la demenza non è certo un’impresa facile. Non si può negare che si tratti di una condizione carica di problematicità, di fatica e di angoscia, dove la persona che presta assistenza si vede costretta a fare i conti con la fragilità non solo del proprio caro, ma anche di sé stessa. Non è semplice immedesimarsi nelle condizioni psicologiche e umane di queste persone, che non fanno riferimento al “tempo della clessidra”, che non possono essere capite da un pensiero logico-razionale, che sono spesso semplicemente etichettate come “agitate”, “aggressive”, o “affette da disturbi del comportamento”. Come è possibile, allora, tornare a quel “nocciolo” che la persona possiede ancora? Come si può far emergere la vita che senz’altro rimane nella persona, al di là della malattia? Ovvero, come possiamo guardare alla demenza con occhi diversi, con occhi migliori?

È da domande come queste che è sorta l’intuizione del Sente-Mente Project®: un grande progetto nazionale che vuole riportare più vita nella demenza; che mira a costruire idee, servizi e progetti capaci di ritornare a quel “nocciolo” di cui si è detto. Un progetto che è straordinario a partire dal suo stesso nome: “Sente-Mente”; perché continuare a parlare di “de-mente” significa definire la persona come se fosse priva di qualcosa, come se fosse solo “fuori dalla sua mente”. È invece possibile pensare alla demenza non solo come a qualcosa che viene a togliere, ma anche come a qualcosa che rende queste persone più capaci… di cosa? Di sentire. È vero che le persone affette da demenza perdono la capacità di comprendere, di localizzare luoghi, di ricordare; ma è anche vero che riescono a provare emozioni – le stesse emozioni che prova ogni essere umano –  e che riescono a percepire le emozioni di chi sta loro accanto, di chi si prende cura di loro. Sono persone che prima di tutto sentono, persone sente-menti dotate di intelligenza: un’intelligenza che risiede nelle emozioni. Sono persone che possiedono un proprio linguaggio, che è nostro dovere comprendere se vogliamo comunicare con loro e “incontrarli” per davvero. Questo è il Sente-Mente Project®, che unisce tutti coloro che credono che la vita non finisca con la diagnosi; un progetto che si presenta come la strada per passare dalla disperazione all’opportunità, dal vedere la malattia come fine al vederla come mezzo per arrivare a qualcosa di diverso, di migliore. La sente-menza rappresenta il possibile che si cela nella de-menza, il futuro da far emergere, il famoso “nocciolo” che si può continuare ad amare.
Il Sente-Mente Project, ideato e coordinato da Letizia Espanoli, dà voce a tutto questo attraverso:
1) il SENTE-MENTE TRAINING per formare i Felicitatori, ovvero le persone che saranno capaci di “accendere” su tutto il territorio nazionale i Sente-Mente laboratori (incontri settimanali per familiari, operatori e malati);
2) la SENTE-MENTE SCHOOL rivolta a tutti i professionisti dell’area sociosanitaria educativa, con proposte di laboratori e workshop per sviluppare le competenze della “Sente-Menza”;
3) il SENTE-MENTE DAY, che ogni anno promuoverà una giornata di formazione di altissimo livello; 
4) SENTE-MENTE COACHING per riscoprire le proprie potenzialità;
5) TOUR NAZIONALE di presentazione del libro “De-mente? No! Sente-Mente”, di Letizia Espanoli e Monica Manzoni (Maggioli Editore);
6)SENTE-MENTE GESTIONE per la consulenza per la creazione di ambienti e modelli organizzativi per le strutture per anziani, nuclei Alzheimer e centri diurni e semiresidenziali specializzati, centri per disabili e hospice.


Il Sente-Mente Project verrà presentato anche al Meeting delle Professioni di Cura, il 21 Aprile 2016 (Piacenza EXPO), in un workshop rivolto a tutti i professionisti del settore sociosanitario, accreditato per Assistenti Sociali e aperto anche ai familiari dei malati. Di seguito il programma del workshop, nel quale verranno presentate idee e intuizioni per vivere al meglio la relazione con la persona affetta da demenza:
D-01 De-mente? No! Sente-Mente: un approccio per creare qualità di vita nelle persone che con-vivono con la demenza – ECS [h. 15-18]
Intervengono:
·        Irene Bruno (Direttore Villa Serena, BO) – modera l’evento
·        Monica Manzoni (psicologa, psicoterapeuta; master felicitatrice del Sente-Mente Projectâ; teacher di yoga della risata; membro del comitato scientifico del Sente-Mente Projectâ; co-autrice del libro “De-mente? No! Sente-mente” e autrice del sito www.psicologiaefelicita.it)
#Lavitanonfinisceconladiagnosi: dall’impotenza all’autoefficacia. Sentieri di possibilità dalle neuroscienze e dalla psicologia positiva
·        Letizia Espanoli (assistente sociale, formatrice e consulente nell’area delle demenze e della qualità della vita; ideatrice e coordinatrice del Sente-Mente Projectâ e del Sente-Mente training; Master di yoga della risata presso la Laughter Yoga University con il Dott. Madan Kataria)
Le tessere della qualità del Sente-Mente Projectâ per la residenzialità
·        Maria Rita di Gioia (psicologa, pâ; leader di yoga della risata, membro del comitato scientifico del Sente-Mente Projectâ): L’innovazione: i sente-mente laboratori per le famiglie 
sicoterapeuta; felicitatrice del Sente-Mente Project

Per iscriverti al Meeting delle Professioni di Cura vai al sito www.editricedapero.it (sezione “Meeting”). Invia la tua scheda di iscrizione compilata al fax 0523/780225 o scannerizzata alla mail info@editricedapero.it. Per ulteriori informazioni sul Sente-mente Project visita il sito www.sente-mente.com.

De-Mente? No! Sente-Mente
“Questo libro è l'urlo disperato di un operatore che nei suoi 27 anni di lavoro non ha mai smesso un istante di credere nel valore della vita e della relazione terapeutica. Al primo Sente-Mente Day, 350 colleghi provenienti da tutta Italia hanno firmato il Manifesto della Sente-Menza. L'idea è semplice. La persona affetta da demenza non è un problema o un caso difficile. È una persona che ancora 'sente'. A noi la responsabilità di farci riconoscere per la bellezza e gentilezza o per l'ignoranza e grettezza. Mille alibi, a seconda dei ruoli, potrebbero ora essere elencati. Ma nessuno, di fronte al dolore che procuriamo a queste persone, è abbastanza. Non ho mai smesso di credere nel valore della scienza, soprattutto ora che numerose università stanno investendo denaro, idee e risorse per far comprendere come la felicità sia un vantaggio. Solo educando alla felicità le persone, solo creando progetti di crescita interiore degli operatori e dei familiari, solo volando alto potremo creare nuovi paradigmi”. (Letizia Espanoli, autrice del libro, ideatrice e coordinatrice del Sente-Mente Project)

giovedì 4 febbraio 2016

ed - News letter n°4/2016

La malattia  d'Alzheimer e il metodo Gentlecare


Scrive il Dott. Antonio Guaita (Direttore Fondazione Golgi Cenci, Abbiategrasso, MI): "La malattia di Alzheimer mette in crisi i tradizionali approcci di cura. Di fronte alla complessità e alle difficoltà di questa malattia, per non cadere nel nichilismo del non c'è niente da fare, si rende necessario...(continua)

Su questo argomento presentiamo due workshop al Meeting delle Professioni di Cura il giorno 20 Aprile (ore 15,00) e il giorno 21 Aprile (ore 09,00) Per info e iscrizione: vai al sito

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Venerdì prossimo a Lendinara "Laboratorio seminariale"

Marzo 2016: alla LIUC parte il Master "management delle RSA" 


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mercoledì 3 febbraio 2016

La malattia d'Alzheimer e il Metodo Gentlecare

Scrive il Dottor Antonio Guaita (Direttore Fondazione Golgi Cenci, Abbiategrasso, MI):
“La malattia di Alzheimer mette in crisi i tradizionali approcci di cura. Di fronte alla complessità e alle difficoltà di questa malattia, per non cadere nel nichilismo del «non c’è niente da fare», si rende necessario adottare un punto di vista, una metodologia di approccio che aiuti a costruire il «che fare» per questi malati.”[1]
La demenza si manifesta infatti oggi come espressione paradigmatica di cronicità[2], tale da richiedere inevitabilmente diagnosi tempestiva, supporto ai caregiver, formazione specifica, servizi diversificati che devono poter contare su una rete sociosanitaria realmente integrata. Che fare dunque in concreto per prendersi cura delle persone malate d’Alzheimer o con altre tipologie di demenze? Quale deve essere l’obiettivo dell’attività di cura? Alle persone affette da demenza sono stati applicati – e lo sono tuttora –  vari modelli di cura, con obiettivi diversi. Per esempio, il tradizionale approccio medico-clinico, che ha come obiettivo la cura della malattia, viene spesso applicato nei servizi. Questo implica il raggiungimento di una diagnosi e la prescrizione dei farmaci sintomatici oggi disponibili; ma è importante sottolineare che per il malato e per i familiari le difficoltà non finiscono con la diagnosi, anzi, piuttosto è con questa che iniziano! Da quel momento comincia infatti per loro un percorso in cui devono affrontare quotidianamente i problemi posti dalla malattia. Si può dire dunque che, se la metodologia di questo approccio risulta utile in fase diagnostica, si rivela però limitata in fase post-diagnostica, che è d’altro canto la più lunga e delicata per il malato e per i suoi caregiver (considerando che la durata media della malattia si aggira attorno agli 8/10 anni).
In questa sede vogliamo spendere due parole sul metodo Gentlecare, che è stato ideato dalla terapista occupazionale canadese Moyra Jones e che si basa invece su un approccio protesico, avendo come obiettivo non la cura della malattia, ma la realizzazione del benessere (Cfr. Jones, 2005). Questo metodo si basa infatti sull’assunzione di due punti di vista preliminari: 1) la perdita di funzione cerebrale della persona malata è reale; 2) di conseguenza l’obiettivo non sarà il ripristino della funzione, ma piuttosto l’assenza di stress e dolore per il malato. Dal momento che allo stadio attuale la perdita neuronale progressiva non sembra reversibile né farmacologicamente né biologicamente, si pone la necessità di fornire “dall’esterno” ciò che il malato non può più avere “dall’interno”. In altre parole: si deve mettere in atto una protesi. In particolare, tre sono gli interventi protesici che propone il Gentlecare, e riguardano le persone, lo spazio fisico e le attività. Questa è la triade del metodo, dove ogni componente è fondamentale e deve avere il giusto peso.
Lo spazio fisico, per esempio, può fare la differenza per il benessere della persona.  È importante che l’ambiente sia – anche in senso architettonico – tale da permettere a tutti (malati, operatori e caregiver) di effettuare le adeguate attività per il benessere dei malati stessi. L’adattamento dello spazio (di colori, luminosità, suoni ecc.) alle peculiarità delle persone affette da demenza, è determinante per la loro riattivazione e per il loro benessere.
Altrettanto importanti sono però anche le persone implicate a ogni livello nella cura del malato: l’operatore (di ogni professionalità), l’assistente familiare (badante), i volontari (senza chiaramente escludere i caregiver familiari). Per tutti questi è pertanto necessaria una formazione adeguata, non solo per acquisire le competenze specifiche, ma anche (e forse in misura maggiore!) per riuscire a vivere una relazione positiva con i malati. È necessario imparare a comunicare con la persona affetta da demenza e ciò vuol dire imparare a penetrarne il mondo interiore (a volte oscuro), per riuscire a far luce sulle sue espressioni e sui suoi comportamenti.
Infine le attività. Queste devono basarsi sulla biografia delle persone e adeguarsi alle loro capacità conservate, ma anche – al contempo – riuscire a stimolare abilità talora sottaciute e un’espressività affettiva spesso frenata. Oggi si sa che attività come la terapia occupazionale, la musicoterapia, o l’arteterapia in generale – un tempo considerate solo socializzanti – hanno efficacia reale per il benessere della persona. La terapia occupazionale per esempio ha un peso sulla gestualità, sulla motricità generale e sul linguaggio, mentre la musicoterapia stimola la memoria autobiografica.
La serenità che la persona deve conquistare è quindi lo scopo che anima il metodo Gentlecare ed è questa la sfida che viene continuamente posta ai familiari, al personale di cura, ma anche più in generale alle organizzazioni. Si rende infatti necessaria un’incessante revisione di ciò che si fa, una continua manutenzione di tutti gli elementi di cura, senza limitarsi semplicemente ai rapporti interpersonali né tantomeno ai sintomi della malattia e cercando di provvedere non solo al benessere del malato, ma anche a quello di chi cura, sia che si tratti di un familiare, sia che si tratti di un operatore professionale.
Gentlecare vuole guardare al malato e al suo mondo circostante per assumere la sua prospettiva, poiché riconosce che l’esperienza che ogni malato fa del mondo ha una sua validità psicologica, anche quando tale esperienza non sia immediatamente comprensibile agli altri. La persona con demenza deve poter agire a partire dalla propria prospettiva e si deve tenere presente che la capacità di entrare in empatia con questa prospettiva possiede già di per sé un potenziale terapeutico. Ogni vita umana è radicata in un tessuto di relazioni e dunque anche la persona con demenza ha il diritto di continuare a mantenere tali relazioni significative all’interno di un contesto di cura, che deve essere capace sia di compensare i deficit cognitivi e funzionali, sia di offrire sostegno alle necessità di autostima e autorealizzazione della persona, anche nelle fasi più avanzate della malattia.
Affinché un cambiamento sia davvero possibile, non è però sufficiente ricorrere a una formazione tradizionale volta ad accrescere le conoscenze del singolo operatore e a sensibilizzare i responsabili delle organizzazioni. Serve qualcosa di più, per mettere in atto veri e propri processi di decostruzione/ricostruzione, ovvero per riuscire ad abbandonare un vecchio paradigma e adottarne uno nuovo. Detto in altri termini, conoscere i contenuti del metodo non è garanzia della comprensione del suo senso da parte degli operatori: ogni piccolo passaggio di questa trasformazione va sostenuto, condiviso e valorizzato; deve essere prefigurato nelle modalità attuative, ma deve anche essere curato nell’effettiva attualizzazione attraverso spazi di riflessione guidata che favoriscano l’allentarsi dei riferimenti tradizionali e aprano alle nuove impostazioni culturali. Ogni organizzazione deve cioè essere guidata a identificare i fattori che facilitano od ostacolano i cambiamenti necessari coerenti al modello.
Si noti inoltre che, come si è detto, la persona starà al centro di una rete di relazioni in cui la famiglia ha tendenzialmente un ruolo privilegiato. Per garantire continuità esistenziale alla persona nella transizione dalla casa alla residenza, familiari e altri caregiver informali diventano parte integrante dell’intervento di cura. E anche in questo caso, l’organizzazione non può non considerare che la qualità del servizio deriva da un’alleanza tra operatori, utenti e famiglie. Anche le caratteristiche e la qualità di questa collaborazione dovranno quindi dall’organizzazione essere prefigurate e poi verificate nell’operatività.

Per fare tutto questo è necessario allontanarsi dall’idea che si possa fare cultura solo per i professionisti, che l’attività di cura debba essere solo appannaggio dei “tecnici”. Tutti hanno diritto all’informazione, a sapere come meglio agire per provvedere al benessere proprio e dei propri cari. Tutti devono sapere che qualcuno si sta impegnando perché si realizzi una vera e propria cornice culturale condivisa, che sia capace di andare oltre la cultura assistenziale tradizionale e che si rivolga a tutti gli operatori – quale che sia il loro ruolo o la loro sede di lavoro – a tutte le strutture, a ogni caregiver in generale.
È necessario parlare di Gentlecare per far capire che si può e si deve pensare in modo nuovo ai servizi per i nostri anziani. Con una sempre maggior diffusione del metodo Gentlecare si potrà raggiungere il cambiamento culturale e organizzativo auspicato.
Per tali ragioni, anche di questo metodo parleremo al Meeting delle Professioni di Cura, il 20 e il 21 Aprile 2016, presso il quartiere fieristico di Piacenza EXPO. Di seguito riportiamo il programma, i relatori e gli orari dei workshop dedicati all'argomento che saranno realizzati da Ottima Senior (rivolti a tutti gli operatori e ai caregiver familiari):

B-03 Gentlecare: cronache di assistenza (h. 15-18, 20 Aprile 2016):

- Laura Lionetti (Referente formazione Metodo Gentlecare - Ottima Senior): "Devo andare a casa a preparare da mangiare... Entrare nel mondo della persona affetta da demenza".
- Elena Bortolomiol (Referente italiana Metodo Gentlecare - Ottima Senior): "Cosa posso fare se... Indicazioni operative per la gestione della quotidianità".
- Paola Peruzzetto (Assistente Sociale - Residenza protetta Comune di Sacile, PN): "Che cosa vorrei raccontare, che cosa vorrei chiedere... Il colloquio di raccolta biografica con i familiari per costruire l'alleanza terapeutica".

C-01 Leghiamoli così non si fanno male (h. 9-13, 21 Aprile 2016):

Laura Lionetti (Referente formazione Metodo Gentlecare - Ottima Senior): "Devo andare a casa... Entrare nel mondo della persona anziana".
Elena Bortolomiol (Referente italiana Metodo Gentlecare - Ottima Senior): "Cosa posso fare se... Indicazioni operative per la gestione della quotidianità"
- Enzo Angiolini (architetto): "Autonomia in sicurezza. 10 soluzioni per 10 problemi: le vie di fuga, i dispositivi anti incendio, la personalizzazione degli spazi..."
- Paola Peruzzetto (Assistente sociale) racconterà "l'esperienza del Nucleo giallo della residenza per anziani di Sacile (PN)"

- L'architetto Angiolini risponderà infine a tutti i quesiti inviati dai partecipanti. Se avete domande che riguardano gli aspetti ambientali e architettonici, mettetele per iscritto e mandatele a info@editricedapero.it!

Per ulteriori informazioni e per iscriversi all'evento, consultate sempre il nostro sito: www.editricedapero.it, sezione "meeting".







  



[2] Cfr. Rapporto OMS-ADI Demenza: una priorità di Salute pubblica del 2012 e il Piano nazionale demenze – Strategie per la promozione e il miglioramento della qualità e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nel settore delle demenze del 2014. 



[1] Cfr. E. Bortolomio, L. Lionetti, E. Angiolini (a cura di), Gentlecare: cronache di assistenza. Soluzioni, modalità e idee di applicazione del metodo, Erickson 2015, p. 15. Anche le riflessioni che seguono sono tratte da questo testo.