venerdì 8 gennaio 2016

Due parole per Pina Bausch

Di Giulia Dapero

Pina Bausch (1940-2009) fu una coreografa e ballerina tedesca, nota come più importante esponente del Tanztheater (trad. “teatro-danza”), progetto artistico nato negli anni ’70 in Germania che intendeva distinguersi dalla danza moderna e dal balletto per includere elementi recitativi. Un’interessante commistione tra il teatro e la danza, appunto.

Le sue prime opere erano caratterizzate da critiche serrate alla società contemporanea, basata sul consumismo e del tutto incapace di amore. Celebre il capolavoro Kontakthof, creato a Wuppertal nel 1978. Kontakthof, che letteralmente significa “luogo dei contatti” descriveva la società tedesca del dopoguerra: ricca, ma volgare, infantile e portata a ricercare una sorta di “socializzazione forzata” come rimedio all’atomizzazione degli individui.
Kontakthof arrivò anche in Italia, nel 2003 a Ferrara, ma leggermente cambiato. In questo caso la Bausch portò sul palco persone anziane, over 60, con l’intento di continuare a farci riflettere sulle carenze e i vizi della nostra società, che dal dopoguerra a oggi non è mai cambiata; mentre noi individui, al contrario, inevitabilmente invecchiamo e vediamo il nostro corpo logorarsi, impotente di fronte alle leggi del tempo naturale. 
Ho voluto dedicare queste pochissime righe alla grande Pina Bausch, perché penso che la sua arte possa essere fonte d’ispirazione per tutti noi. La critica di Kontakthof sembra ancora drammaticamente attuale. È ancora necessario ripensare a nuovi modi di stare insieme, di entrare socialmente in relazione, per far fronte alla nostra costitutiva solitudine. E mi sembra più che mai doveroso, da parte nostra, emanciparci dalle ideologie giovanilistiche e consumistiche che ancora ci affliggono. Dare a persone ultrasessantenni il ruolo di protagonisti in uno spettacolo danzato, inoltre, significa ribellarsi ai canoni precostituiti di bellezza e agli stereotipi sociali che investono l’anziano. Si dimostra così che lo splendore del corpo sta anche nella sua fragilità e che può essere “bello” o “artistico” tutto ciò che sa appassionare e trasmettere concetti utili e capaci di cambiare lo status quo. In ultima analisi, ciò che la Bausch ci insegna secondo me, è che rispetto a un corpo che invecchia è di gran lunga peggiore una società che non impara dai propri errori, che non si rinnova e che non ha nemmeno più il desiderio di ricercare luoghi di contatto autentico. 

Se clicchi il link qua sotto puoi vedere un brevissimo video di Kontakthof (2000) da youtube
https://www.youtube.com/watch?v=pn5cknjzjBg

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