lunedì 30 gennaio 2012

Crisi del welfare, innovazione e quasi mercati

La crisi sembra allontanarci sempre più dal modello di welfare faticosamente costruito negli anni passati e appare sempre più necessaria un’azione di ristrutturazione a carattere generale. Il nostro specifico campo di interesse è quello della non autosufficienza che in questo periodo sollecita tutti a riflettere sul rapporto tra domanda e risorse che, se per definizione è sempre stato critico, oggi esplode per l’azione combinata di due trend che influenzano in modo determinante  il welfare. Da un lato il trend della domanda che cresce per numero e intensità di cure e dall’altro quello delle risorse pubbliche disponibili che tende addirittura a contrarsi, neanche a rimanere stazionario.
Questo fenomeno di interazione negativa può portare in tre direzioni possibili: una diminuzione della qualità dei servizi, un sostanziale mantenimento dei livelli qualitativi con aumento della quota dei costi a carico dell’utenza o l’accettazione di una più forte e finalizzata segmentazione del mercato dei servizi alla persona o del quasi-mercato come alcuni economisti amano definire.
Alle Regioni il grande onere di decidere la strada che vogliono seguire; e lo devono fare presto perché i problemi della crisi sono grandi e incalzanti. Si ha la sensazione che alla fine di questo 2012 da fine del mondo nulla sarà più come prima, ma con la massima fiducia nelle grandi capacità della nostra compagine umana, dobbiamo rinforzare alcune certezze. Aver fiducia vuol dire in questo caso essere consapevoli della necessità di cambiare e di accettare anche regole che non ci sembravano accettabili prima. I modelli dei “quasi mercati”, ad esempio, trovano applicazione nel settore del welfare proprio perché in questo settore svolgono le stesse funzioni alcune realtà private profit e non profit a fianco delle realtà pubbliche. Le realtà di diritto privato svolgono una funzione di pubblica utilità che può esser equiparata a quella degli attori pubblici e in un certo senso possono fungere da “correttori” rispetto al modello tradizionale in cui è il Pubblico ad occuparsi  dei bisogni sociosanitari. Anche il Privato profit ha cominciato un percorso evolutivo e non deve essere più considerato semplicemente  come ente basato sul puro utilitarismo ma tende ad affermare l’importanza della libera iniziativa privata nel soddisfacimento dell’interesse non solo proprio ma dell’intera comunità.
Il nuovo welfare, quindi, verrà costruito senza tener conto di distinzione tra fornitore pubblico e privato ma sulla base della sfida a chi meglio realizza e gestisce i “servizi di interesse generale”. Anche negli altri paesi del mondo occidentale si distingue tra interesse pubblico dei servizi e caratteristica pubblica o privata dei soggetti erogatori. Ineliminabile, nella nostra cultura, l’interesse pubblico dei servizi, ma il carattere pubblico o non profit del produttore non deve diventare un tabù. Farebbe solo male all’innovazione che deve esserci ed essere sostenuta fino alla nascita e accettazione del concetto di quasi mercato e delle nuove metodiche di segmentazione del mercato.
I quasi mercati devono essere intesi come strutture caratterizzate da alcuni elementi fondamentali. Compresenza di più produttori di natura pubblica o privata, profit o no-profit, all’interno di un sistema di regolazione pubblico che favorisca la libera scelta ma dia nello stesso tempo strumenti di sostegno ai cittadini sia per superare le asimmetrie informative sia per attenuare le conseguenze dei diversi livelli di censo.
Questa sembra una buona modalità di sviluppo della sussidiarietà orizzontale oltre che di un’ulteriore applicazione del concetto di liberalizzazione. Favorire la concorrenza, sia pur all’interno di un sistema regolamentato, è il primo passo per migliorare il rapporto qualità/costi.
Il sistema attuale non è omogeneo sul territorio nazionale e non tiene conto degli esempi di eccellenza che esistono in altre parti del mondo occidentale. È un sistema regolamentato con una normativa spesso eccessiva che frena e finisce per favorire l’autoreferenzialità anziché spingere al confronto e all’innovazione creando un mercato protetto e non un mercato semplicemente regolato. In questo modo si ottiene il risultato inverso rispetto a quello che stiamo cercando e la crisi non potrà che aggravare la situazione.
Si dice ormai da tempo che nella parola crisi c’è un duplice contenuto cioè un messaggio di preoccupazione ma anche un invito a cercare di vedere l’opportunità, e dove può risiedere l’opportunità se non nel cambiamento? 

Si veda in merito un precedente articolo (Dapero – Assistenza Anziani DIC 2008)
E anche il libro in formato esclusivamente e-book dell’On. Brunetta L’occasione della crisi

Rompiamo gli stereotipi, tutti: quelli che alimentano i pregiudizi sul Pubblico e sul Privato, quelli sugli strumenti di controllo e di comunicazione, sugli strumenti formativi e sugli obiettivi gestionali delle risorse scarse.


Abbattiamo i pregiudizi e liberiamo la nostra mente. 
Completamente rinnovati dentro, potremo capire cosa fare per superare la crisi !!
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