domenica 11 aprile 2010

ACCREDITAMENTO dei servizi sociosanitari e pianificazione strategica locale

Non è facile comprendere la situazione determinatasi a decorrere dal 15 marzo per l’accreditamento e ancor meno avere una visione dello stato dell’arte dei servizi sociosanitari in Emilia Romagna. Non è facile perché le norme che introducono l’accreditamento sono ampie, toccano tutti i temi possibili determinando una complessità interpretativa non indifferente.


Bisogna approfondire quali siano gli standard di servizio di struttura e di organizzazione che devono essere messi in campo subito o con quali tempi, ma soprattutto, da subito, bisogna capire come sono distribuite le responsabilità tra i vari livelli istituzionali e operativi. Ciò che si rileva è che la Regione, che giustamente ha esercitato la principale funzione di pianificazione strategica, ha sconfinato ampiamente dal limite naturale che avrebbe dovuto rispettare. Ha sconfinato, prima di tutto, non rispettando la responsabilità locale e ponendo una regola transitoria che favorisce in modo molto rigido gli enti pubblici e privati che dispongono oggi di un convenzionamento. Si può comprendere la disposizione che favorisce chi ha già un rapporto economico aperto con la Pubblica Amministrazione, ma tale condizione di favore sarebbe bene che venisse mediata dagli organismi locali. Che margine discrezionale hanno gli enti istituzionalmente preposti rispetto all’accreditamento transitorio? Sembra praticamente nessuno e ciò non è bene perché in questo modo si fa assumere agli organismi di pianificazione locale un ruolo marginale da passacarte senza inserire neanche un minimo di attività valutativa autonoma. Coloro che godono di un convenzionamento e si impegnano con un programma a raggiungere i richiesti requisiti vengono “necessariamente” accreditati transitoriamente. C’è il problema della responsabilità gestionale unitaria, ma anche su questo, a parte le possibili critiche sullo stesso istituto, è già tutto scritto: si concede l’accreditamento ai soggetti richiedenti, quindi anche in deroga al principio della responsabilità unitaria, e si assegna un termine, anch’esso già fissato per tutti, per realizzare il programma di adeguamento. Forse un minimo di discrezionalità potrà essere esercitata nella valutazione del programma, ma non si vede come, almeno nel momento iniziale. Basta una dichiarazione che entro il termine si individuerà la responsabilità unitaria e tutto si rinvia. Il soggetto competente aggiorna gli elenchi dei servizi per tipologia e, sulla base della valutazione dell’Organismo tecnico provinciale, può sospendere o revocare nei casi tassativamente previsti. Il ruolo sostanzialmente solo burocratico degli enti locali sembra evidente. Il sistema di remunerazione è stato fissato con determinate articolazioni in rapporto ai diversi enti gestori e alle relative situazioni giuridiche e fiscali. Sarà anche giusto, ma sarebbe altrettanto giusto valutare anche possibili differenze territoriali e tener conto della storia e delle condizioni strutturali di ogni ente. È comprensibile che dal centro non si potesse andare per il sottile, ma una certa autonomia agli istituti periferici non poteva portare ad una maggior equità? Salvare gli enti non serve solo agli enti, serve anche all’utenza. Sembra forse accettabile che in ossequio ad un principio di omogeneità e di uguaglianza si rinunci a valutazioni specifiche che potrebbero garantire sopravvivenza a certi enti che invece, magari, costretti dal tariffario, rinunceranno a favore di qualche cooperativa?

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