sabato 7 giugno 2008

Professioni sociali



ANOSS presente a Roma al seminario del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali.

report della giornata

“IL LAVORO NEL SETTORE DEI SERVIZI SOCIALIE LE PROFESSIONI SOCIALI”

All’apertura dei lavori da parte di dott. A. Marano erano presenti una cinquantina di rappresentanti di istituzioni (Regioni prevalentemente) e di associazioni.
La prima relazione del prof. Butera è stata interessante. Ha parlato della relazione tra PERSONA – RUOLO – PROFESSIONE. La persona, le sue caratteristiche e competenze, cosa fa davvero? Cioè qual è il suo ruolo? Allora si assiste a uno sviluppo della persona nel ruolo e contestualmente uno sviluppo del ruolo “sulla” persona .

Ci si deve chiedere: c’è identità tra ruolo e professione? La professione è ciò che da identità alla persona, ciò che gli garantisce una formazione e una remunerazione, ma nella definizione della professione può non esserci sovrapponibilità col ruolo. I servizi sociali, ha detto, sono un luogo di innovazione e sperimentazione; nuove figure si delineano ed entrano in concorrenza con le vecchie, inoltre ci sono grandi differenze tra le regioni che hanno denominazioni e profili differenti.


La dott.ssa Poddighe ha rilevato l’esistenza di 190 professioni ( e non si è dichiarata certa di averle rilevate tutte, per la difficoltà a reperire le relative fonti). Ha rilevato disomogeneità nelle denominazioni e una grande variabilità anche di consistenza numerica: si va da 14 professioni della Liguria a 41 della Basilicata! Ha sottolineato l’opportunità di un riconoscimento dei percorsi formativi per assicurare mobilità nei territori e leggibilità a livello di paesi europei. Citato la Regione Emilia Romagna che con legge 12/2003 ha approvato un repertorio delle qualifiche regionali. C’è un intervento sui profili al fine della determinazione dei requisiti minimi per autorizzazione al funzionamento e accreditamento, ma poche indicazioni sulle competenze o sulle funzioni distintive. Ha citato il caso favorevole della figura di OSS a seguito di un accordo Stato/Regioni del 2001.


Nell’intervento del prof. Pianta sono stati riferiti i numeri. In particolare la stima è di 600.000 occupati nel settore tra cui più della metà appartenenti alle cooperative. Ci sarebbero poi 700.000 badanti. Si tratta di un bacino di espansione dell’occupazione, ma manca un ruolo trainante della Pubblica Amministrazione che vuole probabilmente evitare un aumento della spesa pubblica.


Il dott. Zamaro ha coordinato la discussione che ha visto interventi (a volte di carattere rivendicativo di alcune categorie professionali), di alcuni rappresentanti delle regioni, di rappresentanti dell’ISTAT e dell’ISFOL.


In rappresentanza dell'ANOSS è stato sottolineato come la tendenza a non voler accrescere la spesa pubblica ha portato e può portare ancor più a problemi e difficoltà. Ad esempio, se ci sono più operatori di cooperativa che dipendenti pubblici è perché costano meno, ma non è corretta la sperequazione e non è certa l’equivalenza formativa. Poi, riprendendo un’affermazione di Zamaro che aveva detto che anche in altri settori ci sono contenuti diversi rispetto a profili uguali e viceversa, ho fatto presente che in realtà nel nostro settore è imprescindibile una declaratoria dei profili a livello nazionale, non perché faccia paura l’eterogeneità, ma perché è una garanzia iniziale importante: se si vogliono stabilire dei livelli minimi dei servizi bisogna affermare anche degli standard minimi delle professioni.

è stato poi trattato il tema del burnout riscontrabile nelle professioni sociali perché spesso l’operatore finisce in “un abbraccio” con l’utente. Ciò ha creato dibattito e alcuni hanno sostenuto che l’approccio deve essere professionale riducendo la componente emotiva. Ciò non è sempre possibile e la posizione di duplice valenza di uomo e professionista non è opportuno scinderla in quanto potrebbe rappresentar forse l’elemento di rischio da un lato e la carta vincente dall’altro.

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